Alda Merini. Sono nata il ventuno a primavera

Il 21 marzo è uno dei giorni che ricordiamo di più. La primavera è la stagione più attesa, ecco perché non dimentichiamo il suo inizio. Tutti ne parlano, tutti la attendono, tutti ne assaporano i primi profumi.

Ma il 21 marzo non è soltanto questo. Il 21 marzo, oggi, in un sabato un po’ grigio si celebra la giornata della poesia. Una giornata che riconosce all’espressione poetica un ruolo primario nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace. 

Chissà se oggi del 1931 c’era il sole a Milano, quando una poetessa tra le più intense nasceva. Alda Merini, forte, coraggiosa senza filtri ci ha regalato pezzi di letteratura unici che ancora troppo spesso vengono dimenticati.

Basta aver sfogliato qualche pagina della sua biografia per ricordare che la sua è stata una vita per niente facile, il periodo che ha trascorso in manicomio ne è una testimonianza, ma è proprio in questa esperienza che la scrittura diventa la sua compagna, la sua seconda pelle. O forse lo era già. Un esempio di vita, per tutti Alda Merini dovrebbe essere questo, una donna eccentrica che amava e difendeva la sua libertà, i suoi eccessi perché Alda era anche questo.

Una fortuna letteraria che le viene riconosciuta troppo tardi, ma quando si osservano le sue foto, le sue espressioni, quegli occhi velati dalla malinconia e dalla solitudine che solo i grandi artisti sanno provare, viene da sé lasciarsi cullare dalle sue parole. Quando i suoi pensieri sono messi lì nero su bianco non puoi non sentire qualcosa dentro, non puoi resistere e ti abbandoni alle emozioni, alla bellezza che solo la scrittura sa regalare. Se poi la scrittura è quella della poetessa dei Navigli il risultato vien da sé.

Rideva, Alda sapeva anche ridere nonostante tutto, nonostante la malattia di cui dicevano che soffrisse (sembra che fosse affetta dalla sindrome bipolare, per questo internata più volte in manicomio molto giovane), nonostante le porte chiuse, lei amava il suo rossetto, la sua penna, la sua casa piena di oggetti e ricordi.

La chiamavano spesso la poetessa della pazzia, ma lei – scomparsa nel 2009 – amava definirsi la poetessa della vita e noi lo possiamo confermare grazie all’enorme patrimonio culturale che ci ha lasciato con le sue poesie, piccoli pezzi di emozioni che ti avvolgono e ti fanno riflettere.

Oggi oltre a dare il benvenuto alla primavera e a festeggiare la giornata mondiale della poesia, sfogliamo un suo libro, leggiamo qualche riga di una sua poesia e facciamole i nostri auguri, sottovoce, bisbigliando, sicuramente la nostra voce le arriverà.

Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta. (Alda Merini)  

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