Giusy Celestini ci racconta la sua Vitagiusiaca
Ho conosciuto Giusy Celestini qualche tempo fa, su Facebook grazie a un’amica in comune. Conoscenza fortunata devo dire, perché da quel momento ho iniziato a seguirla. Di lei è semplice restare affascinati da quel suo naturale stile vintage, da quel senso della creatività che si esprime semplicemente dalle foto che scatta e pubblica sui social e poi i pavimenti che si intravedono dalle sue immagini… meravigliosi, ma non fate caso ai miei gusti spudoratamente vintage. Sapete che qui si scambiano quattro chiacchiere davanti a un caffè reale o virtuale in compagnia di personaggi interessanti molto più di quelli che spopolano sfacciatamente sui social. Leggete qualche riga di Vitagiusiaca, il suo blog, curiosate nei suoi social e capirete di cosa parlo.
Se si curiosa in Vitagiusiaca, il tuo blog, non si riesce a scoprire molto di te, se non dai tuoi scritti. Chi è Giusy?
Giusy sono io, una trentanovenne che ancora fatica a non rispondere “ventitré” quando le chiedono l’età ma che potrebbe giurare, esausta, di avere settantaquattro anni se provate a porgerle la domanda il giovedì pomeriggio all’ora del tè, per esempio. Sono capitata in questo garbuglio improbabile che è la vitagiusiaca, e la vivo immaginandola impaginata per bene come fosse un libro per l’infanzia, all’interno del quale si raccontano le avventure di un protagonista, i colpi bassi del nemico, le insidie dell’antagonista, la tenerezza delle persone amiche e dove i buoni, alla fine, trionfano sempre. Più o meno, eh, con un’ulcera perforante ben coltivata ma ce la fanno.
Ritengo mi siano capitati in sorte i sogni dalla più lenta realizzazione che si siano mai conosciuti, e di questo mi cruccio parecchio. Ciononostante riesco a condurre una vita pressoché normale, fin quando non inizio a parlare con gli oggetti inanimati o tento di decifrare i loro pensieri. Sono timida da far spavento, ansiosa in un modo che è del tutto paralizzante e mi mangio le dita (non le unghie, sarebbe stato troppo semplice). Mi emozionano le cose dimenticate, quelle con la polvere sopra che non piacciono a molti. Ho bisogno di abbandonarmi tra le braccia di una fiaba, di tanto in tanto, e di ascoltare il silenzio. Amo terribilmente l’autunno e il tè, il vintage e il cioccolato fondente, i pois e la musica che non si suona più. Vado dietro a tutta una serie di mie personali elucubrazioni mentali, tentando di condurre un percorso nel quale riuscire a riconoscermi sempre. Spesso prendo delle craniate pazzesche ma persevero tenacemente. Impavida (o quasi).
Perché buttarsi nell’avventura del blogging nel 2015?
Riconosco di avere delle serie difficoltà a parlare di Vitagiusiaca come di un blog, sai? Continuo a chiamarlo “la mia pagina”, forse dovrei smetterla? Non so, non riesco ad incasellarlo in quel contesto. Anche perché Vitagiusiaca è la mia vita, principalmente, è il mio modo di essere quotidiano, prima di ogni cosa. Da tutto ciò prende vita poi un personalissimo contenitore che vuole dare una logica alla ricerca di cose, direzioni, sensi e controsensi che ritengo di dover affrontare. L’intenzione che finora riesco a decifrare è quella di un diario privato fatto di considerazioni, pensieri, riflessioni ma anche di attimi di leggerezza, reso pubblico un poco alla volta: non è un caso, dunque, che le pubblicazioni non siano così frequenti. Seguono le mie pulsioni, il mio bisogno di esprimere, la mia emozionalità. Nient’altro. Per me è tutto incredibilmente nuovo e mi muovo d’istinto, senza una scaletta preconfezionata, appagando – nel frattempo – la mia necessità attuale di comunicare col mondo. Mi piace pensare a Vitagiusiaca come ad un luogo slegato dalle regole, dai palinsesti. Mi piace pensarlo un posto mio. Ho voglia di scrivere e, semplicemente, tento di farlo.
Rispondendoti, invece, in chiave più generica, posso dirti che credo fortemente nelle idee e nelle buone intuizioni, credo nelle capacità, nel carisma, nell’essere creativi. Non penso che abbia valore il mezzo di divulgo utilizzato, qualunque sia il contesto. Penso, invece, che contino il modo e il contenuto, che si debba guardare alla qualità. Fare blogging, dunque, ha un senso nel 2015 e credo lo avrà sempre se si penserà a tutto ciò come ad una forma espressiva autentica e costruita su fondamenta dal consistente peso specifico, prima di tutto.
Facebook, Instagram. Quanto è social Giusy?
Sono su entrambi i social e faccio apparizioni quotidiane, seppur moderate. A volte scompaio, in verità, ma poi ritorno a condividere, a raccontarmi. Mi diverte molto poter dire a mio modo cosa sto pensando, cosa mi accade. Ho una predilezione recente per Instagram, però, lo confesso. Mi innamoro ogni giorno di una pagina nuova, trovo che ci siano persone in grado di realizzare delle foto sensazionali! La mia gatta è molto social, se devo dirla tutta: compare in moltissimi miei scatti, ad esempio. Decisamente molto più di me.
Cosa ne pensi di questo universo in cui tutti sembrano voler scrivere?
Potrebbe rappresentare il posto ideale per valorizzare lo scambio, la crescita, il confronto, se fatto correttamente verso noi stessi e verso gli altri. Ma… vuoi la verità? Sono sinceramente molto critica, lo sono in primis con me stessa, ci tengo a dirlo. Il modo di fare comunicazione è di certo cambiato, e i social network danno la forte sensazione che tutto sia possibile, che tutto si possa esprimere, che ognuno possa parlare ad alta voce. Guardando Facebook, appunto, ci si accorge di come si producano di continuo smisurati luoghi d’incontro virtuale chiamati gruppi, pagine e vattelappesca che non fanno la differenza, che troppo spesso diventano spazi dove scaricare le proprie personali frustrazioni in termini di parole sconnesse e aggressive. Sono luoghi nei quali si raccontano le stesse cose, che non generano alcun valore aggiunto se non la piena soddisfazione e l’inutile visibilità di chi questi spazi li mette in piedi e se ne rende fiero. Stessa cosa vale per alcuni blog che appaiono ripetitivi, annoiati, confusi, fermi. Una cosa imbarazzante che è spesso evidente, è l’incredibile bellezza di alcune blogger e dei loro prodotti ben riusciti – frutto di un lavoro dedito e complesso – e di come tutto il resto vada loro dietro. Senza alcun tipo di pudore, si scrivono pezzi sulla falsa riga di quelli delle blogger note che, si sa, hanno riscosso un clamoroso successo, si abusa degli stessi modi di dire, degli stessi hashtag, si prova a confezionare concetti buttando lì un termine preso da quella o quell’altra blogger. In poche parole, si scopiazza qua e là. Non è che ci si ispiri, sarebbe meraviglioso. Si copia per bene, come se la creatività non fosse un luogo sufficientemente vasto per creare qualcosa di proprio.
Le parole sono un mezzo importante degno di un’altissima considerazione. Nutro un incontrollabile timore verso chi le strumentalizza furbescamente e ne fa il Pulcinella della situazione. Bisognerebbe riconciliarsi con le proprie reali intenzioni, provando a riversare le energie in ciò che si vuole raccontare e non a come si vuole apparire dietro quelle parole. Sono convinta che sia fondamentale parlare per dire qualcosa di concreto e non per dare l’immagine che vorremmo gli altri avessero di noi.
C’è una confusione di fondo, forse ci è sfuggito di mano questo modo rapido e apparentemente indolore per esprimerci. Non so, credo che la qualità debba sempre avere la meglio e che questi tempi di rapida connessione gli uni con gli altri, possano facilitare quelle comunicazioni scritte che nascono e si impegnano per essere un valore forte, una forma espressiva corretta, un pretesto di condivisione capace di renderci migliori. Il resto non conta. Per certi versi è meraviglioso che tutti possano scrivere, ma lo sarebbe ancora di più se tutti scrivessero per dire qualcosa e non semplicemente per esserci, per apparire, per prevaricare, per aggredire, per non costruire qualcosa di rappresentativo e onesto.
Da cosa sei ispirata?
Quando scrivo su Facebook parlo della mia vita, della vitagiusiaca, di me e delle mie improbabili esternazioni, del quotidiano e del mio mondo spesso surreale, della mia casa, della mia gatta, dell’Uomo con la barba (mio marito). Tutto questo ha un fortissimo potere per la mia immaginazione e la mia creatività comunicativa. Sono ispirata moltissimo dalle mie mille contraddizioni, dal fatto che sembra sempre stia a rincorrere affannosamente il pezzo mancante del mio puzzle ma poi mi senta d’improvviso felice per quello che ho. In Vitagiusiaca, la mia pagina, c’è tutto questo. Forse anche una dose massiccia della mia infinita malinconia, della quale probabilmente non vorrei sbarazzarmene (per quanto ne dica o ne pensi).
Libro sul comodino?
Il libro sul comodino è quello con cui devo imparare a fare pace e che non mi consente di iniziarne un altro per un mio cocciuto desiderio di sbloccarlo dal limbo nel quale è finito. Si tratta de “Le mani della madre” di Massimo Recalcati. Libro intenso, pieno, strabordante di rimandi e riferimenti con i quali dovrei forse fare i conti. O tentare di rasserenarmi. Lo guardo, lo amo, lo apro e lo sottolineo. Ne leggo tratti, mi soffermo a realizzarne il concetto, trascrivo ovunque pensieri in merito. Ma poi lo rifuggo, sento che parla molto di me come figlia, come futura madre e che in alcuni momenti mi spogli completamente, svelandomi verità che raccolgo con lenta consapevolezza. Eppure è un libro incantevole, responsabile e nobile, quanto di più vero e autentico si possa raccontare sull’atavico rapporto col materno e su noi stessi. Sarò capace di porre fine alla sua sosta lì, accanto alla mia abat-jour. Lo prometto.