Stefania D’Echabur

L'autrice che si mette in gioco

 

Stefania D'Echabur

Ho conosciuto Stefania D’Echabur anni fa grazie a una corso di scrittura creativa nella nostra città, Livorno, e da lì è nata un’amicizia, anzi forse prima ancora una stima che mi ha sempre fatto pensare a lei come l’autrice che si mette in gioco. Stefania sa che la scrittura è qualcosa che non si può tenere dentro soltanto per noi perché sarebbe un errore, soprattutto se le parole sono quelle che usa lei sui suoi fogli, sullo schermo del suo pc. Parole che spesso, racchiuse nei racconti, hanno partecipato a concorsi letterari aggiudicandosi i primi posti. Ma a Stefania D’Echabur, come a chi scrive perché la scrittura è un’esigenza, non interessano i primi posti, a lei interessa esprimersi, far sentire la sua voce perché l’unione fa la forza e in un momento culturale “assonnato” come questo più voci mettiamo nel coro, meglio è.   

Come e quando hai iniziato a scrivere?

Da quando scrissi “ape” in prima elementare. Ricordo ancora le facce dei miei compagni impegnati davanti al loro quadernino. Io invece ero immobile e guardavo il foglio bianco. Quando la maestra scoprì che ero bloccata per la paura di fare male, da brava napoletana, con un accento caldo, mi disse: “Scrivilo come vuoi, in tutta la pagina, ma scrivilo!” E da lì non mi sono più fermata. Ogni momento libero, lo impegnavo a prendere appunti e scrivere pensieri. Nell’adolescenza la penna mi ha fatto tanta compagnia. Ho sempre scritto riempiendo cassetti di blocchi e quaderni. Dal 2007 tutto è cambiato. Era da poco morto il mio babbo, cercavo un aiuto per uscire dal torpore nel quale ero piombata, per caso lessi di un corso di scrittura e timidamente telefonai. Da lì è uscito un mondo che tenevo nascosto dentro di me. Mi sono messa in gioco, rapportata con il giudizio. Ho partecipato al mio primo concorso letterario, ho addirittura vinto un Primo Premio, quando si dice “la fortuna del principiante!”. Successivamente ho studiato: rileggendo i classici, leggendo saggi e scrivendo… ho dato forma a tutto questo.

Il momento in cui hai capito che la scrittura era una parte importante della tua vita?

Quando le persone che leggevano i miei racconti e successivamente le mie interviste, mi dicevano che si emozionavano. Da lì mi è arrivata una grande forza, la volontà di impegnarmi, e la “droga” si è impossessata di me, a volte sento la stanchezza, ma posso andare ancora avanti per ore, ogni tanto penso che la scrittura sia l’arte più faticosa che ci possa essere, e non so se è una benedizione o una maledizione. Ma la frenesia è lì, ti chiama e la gioia di scrivere è tanto grande.

Sei impegnata anche in progetti sociali. “Chi porterà queste parole?” è uno degli ultimi e più toccanti. Ce ne parli?

Per parlarne seriamente dovresti riempire pagine. Ti dico solo che è un progetto teatrale nato per volontà di Alessia Cespuglio e Francesca Talozzi, le registe. In seno ad Effetto Collaterale, nel ramo “Germogli di memoria”, viene portata in scena la storia di Charlotte Delbo, donna francese, partigiana, sopravvissuta al campo di concentramento insieme ad altre ventitré donne. Sono molto onorata di fare parte di questo lavoro, dove divento insieme alle mie compagne personaggia. Questa grande opportunità che mi è venuta incontro, emotivamente mi ha regalato una sorpresa: mi ha autorizzato a vivere il dolore. Contattarlo e lasciarlo uscire. Il mio corpo ha messo in scena una forte autenticità. Queste sono le donne, sono io… mettersi in gioco. La performance ha ricevuto largo consenso e ci tengo a dirlo, il fotografo ufficiale di “Chi porterà queste parole” Furio Pozzi,  è stato invitato a Berlino in una mostra Internazionale con le foto del nostro lavoro. Invito chi legge questa intervista ad approfondire la storia di Charlotte Delbo.

StefaniaD'Echabur

 

Giornalista, scrittrice, attrice. In quale sfumatura si sente più se stessa Stefania D’Echabur?

Sono una curiosa patologica verso la vita e ogni cosa è incastrata con l’altra. Tutte queste passioni mi sono venute incontro e le ho accolte. In primo piano metto le emozioni. Ascolto storie, mi interrogo sulla vita, il tempo, l’amore  e da qui nasce la necessità di scrivere. Preferisco definirmi autrice, mi imbarazza essere definita scrittrice, è sempre presto. Amo la mia città, credo nel potenziale che ha, e le interviste mi danno la possibilità di mettere in luce il bello dal quale siamo circondanti e che spesso trova muri per venire alla luce.  Il giornalismo è fare anche qualche sana denuncia, restando finalizzato alla cultura e alla crescita. Attrice è un parolone… il teatro è un immenso regalo che è arrivato, una forte ubriacatura.  L’ho vissuto sulla pelle, spero che questo viaggio possa proseguire, chissà cosa mi attende!

Libro preferito e scrittore con cui vorresti andare a prendere un caffè?

Un libro vero e proprio non ce l’ho, ho tanti primi libri… Libri che dormono accanto a me sul comodino, le mie piccole Bibbie. Le poesie della struggente Wislawa Szymborska, il romanzo “Il maestro e Margherita”, “Se questo è un uomo”, per non dimenticare. “Madame Bovary”, Flaubert, la passione. E la mia fiaba, “Il piccolo principe”. Consiglio caldamente agli adulti di leggere fiabe. Troppo spesso sotterriamo la nostra parte bambina. Un caffè lo prendo ogni tanto con Dario Pontuale, critico letterario e scrittore romano. Sono contenta del riconoscimento che sta ottenendo: il suo nome sta arrivando nelle capitali europee. Personalmente ogni volta che abbiamo occasione di fare due parole, riesce sempre ad aprire qualche finestra nella mia mente, le sue osservazioni hanno sempre contribuito a rendere migliore il mio approccio con la scrittura. Potendosi proiettare nel passato, contattare Gustav Flaubert, Ernest Hemingway, Melville e un certo signor Pier Paolo Pasolini, sarebbe proprio un bel sogno!

Immagino tu abbia già mille progetti da mettere in piedi…

Ce ne sarebbe uno che sta sgomitando, credo di sentirmi pronta, è arrivata l’esigenza di pubblicare. Ho racconti sparsi in varie antologie, ma vorrei raccogliere in un libro tutto il materiale che alloggia nel mio computer. È un’idea strampalata, mi piacerebbe mettere un po’ tutto di me: racconti, pensieri, prove tecniche. Poi, riprenderò in mano l’ultimo dei miei manoscritti rimasti in sospeso, questa volta lo devo finire davvero! Lo dico pubblicamente, come quando si annuncia che abbiamo smesso di fumare. Me lo devo! Continuerò ad  accettare qualche invitato per presentazioni di libri o reading: mi diverto tanto e ogni volta è un arricchimento, punti di vista diversi. Faccio parte di un gruppo di scrittura capitanato da Barbara Idda, docente e drammaturga, un punto fermo: la mia scuola. Insieme al mio gruppo abbiamo realizzato e realizzeremo ancora brillanti idee. Ultimamente ho fatto un’esperienza letteraria al carcere delle Sughere, si è aperto un mondo. Dal punto di vista umano una scoperta, lì dentro cadono tutti i preconcetti e gli stereotipi radicati nella nostra mente. Le persone sono sensibili alla letteratura: alcuni di loro si sono laureati e le conversazioni che ne escono fuori hanno un tessuto potente.  Ci sono stata per il 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, insieme a Sandra Mazzinghi, con Carola Fruttero (figlia di Carlo), abbiamo letto dei nostri lavori.

Stefania D'Echabur

Avevo anticipato che mi astenevo dal dibattito, alla fine mi hanno dovuto portare via “quasi con la forza”. Sono tornata nuovamente con la scrittrice Lucia Teresa Benetti, per parlare attraverso il suo libro di una parola terribile. Cancro. “Non sempre vince Golia”. Non ci crederai, sono volate quattro ore, abbiamo anche riso nonostante l’argomento. Torni a casa e i volti degli ergastolani restano giorni a farti compagnia. Credo ci sia un seguito. Dopo il sogno realizzato per il progetto “pazzo” del “Prato, un tetto della Palestra” dove un gruppo di volontari,  e grazie al contributo artistico dei nostri musicisti, attori, pittori labronici,  abbiamo raccolto in un anno 50.000 euro per la ristrutturazione della palestra dei ragazzi disabili, in questi giorni, ne sta nascendo uno nuovo. Come posso esimermi! Partiamo per altro delirio collettivo, “Salviamo le Terme del Corallo” e RESET hanno strinto un gemellaggio. Seguiteci, e per chi vorrà ci sarà da lavorare per tutti. Quando l’obbiettivo è comune, le cose si possono realizzare! E poi basta… o forse no. Chissà! Sono viva e la vita se hai occhi per vederla regala splendide sorprese! Amo le sorprese!

 

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